SILVERFLAG

La storia

Gara di velocità in salita organizzata dall’Automobile Club Piacenza per 17 edizioni: dal 1953 al 1972. La manifestazione nacque come prova minore del Campionato Provinciale. Il percorso della gara, della lunghezza di 9,775 Km, si sviluppava con caratteristiche completamente differenti tra i primi 5 chilometri e i rimanenti 4.

La parte iniziale era contraddistinta da una strada di fondovalle. La seconda era un vero tracciato in salita, con 34 curve di cui la maggioranza tornanti e con pendenze che arrivavano anche al 10%. Alla prima edizione (1953) parteciparono circa 40 piloti, con la presenza ufficiale dell’Alfa Romeo che vi aveva Consalvo Sanesi su una splendida 3000 CM. Quella volta la gara non fu propriamente di velocità in quanto si utilizzò l’indice prestazione per decretare il vincitore, che risultò Corazza su Fiat 1100.

Nelle edizioni successive i concorrenti si moltiplicarono: 60 nel 1954 (vittoria di Auricchio), 90 nel 1955 (successo di Massimo Leto di Priolo), oltre il centinaio nelle due edizioni successive vinte da Nando Pagliarini. 
Nel 1960 la corsa era diventata famosa. Dalmazio Calvi vinse quella edizione su Stanguellini formula Junior, seguito da Geki Russo. Nel 1961 parteciparono tutti i più grandi specialisti: Odoardo Govoni con la Maserati Birdcage, Nando Pagliarini con la Ferrari 250 competizione passo corto e Ludovico Scarfiotti con la OSCA 1500. Il vincitore fu Govoni. Nell’edizione 1962 tornò alla vittoria Pagliarini con la Ferrari 250.

Le pessime condizioni atmosferiche impedirono però il miglioramento dei primati di tutte le classi. Nel 1963 fu la volta di Vittorio Venturi su Abarth 1000 barchetta. Nel 1965 la vittoria se la disputarono due vecchie conoscenze della Vernasca: Noris e Vincenzo Nember, il primo su Porsche 904 a motore posteriore; il secondo su Ferrari 250 GTO. Vinse quest’ultimo con uno scarto di 3 secondi su Noris. Intanto si erano affacciate sul percorso anche le Alfa Romeo TZ, dimostrando subito il loro potenziale. Tanto che, l’anno successivo una TZ guidata da Ildefonso Torriani, dettò legge.

Il 1967 fu un anno “tutto piacentino”, per la gioia dei ventimila spettatori presenti. Roberto Bertuzzi si aggiudicò, alla guida di un’Abarth 2000 ufficiale “affittata”, la tredicesima edizione.

Il pilota di Piacenza polverizzò tutti i record staccando il tempo di 5’7” alla media di 114 Km/h. Nel 1968 sono due i contendenti alla vittoria: Lualdi Gabardi al volante della Ferrari Dino 206 e Noris con la Porsche Carrera 906. Durante le prove Lualdi fece registrare il tempo migliore ma un testacoda lo costrinse a lasciare a Noris, per 5 secondi, la gioia del primato. A sottolineare il dominio della Porsche contribuì anche il bresciano Bonomelli con una GT della Casa tedesca. Il 1969 Lualdi si prese la sua rivincita al volante della Abarth 2000.

Nel 1971 (per motivi organizzativi l’anno prima la gara non fu disputata) Lualdi schierò la Ferrari 212. E’ utilizzata da Peter Schetty nel 1969 per conquistare il Campionato Europeo della Montagna. Noris si presentò con la Porsche 908 serie 2 (la vettura più potente apparsa alla Vernasca). Anche Eris Tondelli con la Chevron B19 si annunciava come serio candidato al successo.

Durante le prove Lualdi ruppe subito una sospensione della macchina e fu costretto al ritiro. La vittoria quindi rimase un fatto tra Noris e Tondelli. Quest’ultimo però, mentre era al comando, giunto all’ultima curva, (5 metri al traguardo) sbandò, finendo contro gli scalini della chiesa di Vernasca.

La Vittoria andò così a Noris che per la seconda volta scrisse il suo nome nell’albo d’oro della competizione. L’ultima edizione della Castell’Arquato-Vernasca fu disputata il 14 maggio 1972 ma venne compromessa dal maltempo. Vinse, tra mille ritiri, il milanese Matteo Cormio alla guida di un’Alfa GT 1.6.

27° Vernasca Silver Flag - Maserati

Il 1° dicembre 1914, Alfieri Maserati, con la collaborazione dei fratelli Ernesto e Ettore, fonda, a Bologna, la “Società Anonima Officine Alfieri Maserati”. È un’attività a “conduzione familiare”: Alfieri è il “capo”, pur nell’armonia degli affetti; Ettore ed Ernesto offrono un contributo di forza e ingegno. Bindo si aggrega qualche anno dopo. Mario, pittore, disegna il logo del tridente. Divengono presto costruttori: alla Targa Florio 1926 debutta la Tipo 26, capostipite di una dinastia egemone.

Al volante dei vari modelli siedono, tra gli altri, Tazio Nuvolari, Carlo Felice Trossi e Achille Varzi, Richard Seaman, Clemente Biondetti, Raymond Sommer e Luigi Villoresi. Il pilota americano Wilbur Shaw, alla guida di una 8CT ribattezzata Boyle Special, vince la 500 Miglia di Indianapolis nel 1939 e 1940.Maserati è tuttora l’unico produttore di auto ad aver vinto questo trofeo con un veicolo costruito interamente in azienda.

Il dopoguerra si apre nuovamente sotto il segno del tridente. Guido Barbieri si afferma nella propria classe al Circuito di Piacenza, primo appuntamento del Campionato 1947. Raccolgono il testimone dapprima le A6GCS, le serie S e SI in varie cilindrate, quindi le Birdcage: sono le vetture da battere nella categoria sport. In Formula Uno Juan Manuel Fangio e la 250F conquistano due titoli mondiali. Sulla monoposto si alternano anche Luigi Musso, Alberto Ascari, Stirling Moss e molti altri. Maria Teresa De Filippis ne guida una quando, in Belgio, nel 1958, è la prima donna a gareggiare in un Gran Premio.

Nell’albo d’oro della Casa anche tre successi alla Castell’Arquato-Vernasca: nel 1956 e 1959 con Fernando Pagliarini, nel 1961 con Odoardo Govoni.

Con il passare degli anni l’officina si trasforma in una realtà industriale di rilievo mondiale: non sono realizzate solo bolidi da competizione ma anche eleganti granturismo.

I fratelli, nel 1947, fondano l’OSCA, avventura sportiva e tecnica intensa e breve, illuminata da talento e passione. Ancora una volta sono interpreti straordinari del proprio tempo ed espressione di un territorio fertile di operoso ingegno. Quando i Maserati aprono la propria officina, l’Emilia è terra di agricoltori pratici e fantasiosi, lungimiranti e tesi al progresso. In questa regione allungata tra pianura e Appennini, “fra la via Emilia ed il West” come canta Guccini, la competenza motoristica diviene tratto identitario, cultura e genius loci, metafora e orizzonte, pragmatismo e poesia. Da intuizioni individuali o familiari fioriscono esperienze industriali destinate a diventare, come Maserati, grandi e famose nel mondo. Dal 2015 questo distretto ha un nome prestigioso e invidiato: Motor Valley.

La sua storia, fatta di realtà incredibili, di artefici di tecnologia e bellezza, di piccoli opifici ed eclatanti successi inizia, tuttavia, proprio nel lontano 1914, in quella “Officina Anonima” nata dalla volontà di tre fratelli. Per questo la ventiseiesima Vernasca Silver Flag vuole rendere omaggio a Maserati, a questi “pionieri” – i primi a credere che la gente emiliana, in fatto di passione e curiosità meccanica, non fosse seconda a nessuno—e a quel crogiuolo dove, alla tempra del lavoro e della creatività, è forgiato il mito della Motor Valley, oggi universalmente riconosciuta come l’empireo delle più belle vetture mai costruite.